venerdì 31 ottobre 2008

SCAI E LA SUA POESIA



Il piccolo Scai, anima persa, aveva accantonato il sogno di toccare l’infinito ed era sceso nelle profondità della terra.
Già !
Lui abituato a respirare l’aria dei monti e a liberare i cani ringhiosi nei boschi aveva ora deciso di scendere nel buio degli anfratti più reconditi.
Piccolo Scai che legato ad una corda ora cerchi nel fondo di una grotta quello che non hai trovato nell’alto dei cieli.
In fondo era come rituffarsi a molti anni indietro quando con la sua giovane ragazza universitaria avevano esporato la grotta di Pietrasecca.
Che strana emozione lasciare la luce del sole eppoi ritrovarla all’uscita, che strana emozione camminare nel fiume sotterraneo, che strana emozione sentire la mano di Lei cercare la tua.
Scai si era aggregato ad un gruppo di forsennati che ogni domenica scendevano, gente seria, preparata, super preparata anzi, gente che parlava di moschettoni, di chiodi in titanio o di corde fatte in un certo modo che sostenevano fino ad un certo momento etc etc.
Scai si sentiva al di fuori della mischia, non era mai stato un tecnico, lo definirei piuttosto un fruitore dei tecnicismi altrui, Lui si accontentava solo di essere legato a quella corda fatta di non so cosa e di scendere. Altro non interessava.

-Allora Scai sei pronto?
- Mi sembra di si. Sono legato e sono in sicurezza. Dai andiamo.
- Prima regola: mai aver fretta. Ricontrolla il tutto.
- Cazzo sono legato, ho pure la tutina arancione rubata al mio amico dell’ ANAS. Ti dico sono pronto.
- Bene scendo per primo poi segue Mario e Scai.

E cosi iniziò la discesa verso gli inferi. Scai a metà della cordata si sentiva imbavagliato, avrebbe voluto essere il primo a scendere, il primo, il primo , il primo. In fondo quando fotografava le sue stelle era sempre il primo, libero di fare, toccare e mettere filtri o diavolerie varie.
Non era lo stesso in questo caso! Doveva accontentarsi di essere legato come un salame sopra e sotto, alle sue estremità vedeva altri salami ugualmente imbavagliati.
Insomma una grande fila di salsicce che scendeva in quel pozzo di 80 metri.
La lampada disegnava nella discesa strane figure tra i calcari e i cristalli di aragonite con ossidi di ferro.
Un mondo estraneo a Scai, un mondo che andava comunque vissuto.
Piccolo Scai perso in quel pozzo nero a 80 metri sotto terra che sembrano migliaia di km, piccolo Scai che non godi del momento perché pensi sempre al dopo.
Anima persa la tua alla ricerca del dopo.

Lasciai la luce per l’incerto
Lasciai l’incerto per una nuova avventura
Lasciai l’avventura ….

Come diavolo faceva quella fottuta poesia che scrissi tanti anni fa?
Se solo non avessi bruciato il quaderno.

In fondo al pozzo tutti si rallegravano e Scai continuava a pensare a cosa avesse scritto in quella poesia di 30 anni fa.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie Paolo. C'eravamo stufati delle galline.