sabato 13 dicembre 2008

IL GRANDE AMORE DI ARTUR



Il professor Artur si rivolse al suo assistente:
- Sig. Clayton mi passi il controller
- Professore è l’ultimo passo poi vedremo se il suo studio è giusto, ci vada con cautela.

Il professore era un ometto di mezza età, principio di calvizie e una buona pancia lo caratterizzavano, da sempre il suo mondo era stato tra transistors, diodi e chips .
Aveva attrezzato all’esterno della sua abitazione una specie di sotterraneo dove scappava dagli urli della moglie per creare robot cibernetici con l’aiuto del suo fido assistente.
La sua ultima creatura, almeno nelle intenzioni, avrebbe sconvolto il mondo.
Un robot cosi reale all’uomo per consistenza, aspetto ed intelligenza da poter essere scambiato per un qualsiasi umano.

- Sig. Clayton cominci a trasfondere il liquido refrigerante all’interno delle arterie. Con estrema calma, neanche una goccia deve finire sui chips sensoriali della pelle.
- Fatto professore. Procedo con l’apertura delle elettrovalvole di comunicazione per i vasi periferici
.

Il professor Artur seguiva le operazioni del suo assistente e attraverso un monitor osservava il percorso del liquido refrigerante attraverso i tessuti della sua creatura, dalle arterie principali la linfa sintetica si diramava portando la vita fino agli angoli più lontani. Il professore era moderatamente soddisfatto in quanto già altri tre tentativi di vitalizzare quell’essere erano falliti provocando in lui una prostrazione così profonda, tale da abbandonare gli studi per molto tempo.

La trasfusione avvenne senza particolari difficoltà, rimanevano solo un'altra decina di controlli sensoriali dopodiché si sarebbe passati alla fase più pericolosa: quella dell’accensione della vita.

-Professor Artur ormai è tardi si potrebbe continuare domani sera se riesco a trovare una scusa per venire qui.
- Certo Clayton è tardi e siamo stanchi. Quando si è stanchi si possono commettere errori. A domani.

Il professore apri la botola che portava all’esterno facendo uscire il suo assistente, diede una rapida occhiata alle finestre della sua abitazione e constatato che le luci erano spente pensò che poteva trattenersi ancora un po’ nel suo studio segreto. Di sicuro sua moglie stava dormendo e non si sarebbe accorta dell’ora tarda.
Tornò di sotto e continuò nelle operazioni sul suo robot.
Aveva bruciato le tappe, in breve tempo aveva portato a termine il lavoro del giorno dopo. Dentro di se pensò che Clayton sarebbe stato contento del lavoro svolto.
Rimaneva l’ultima cosa da fare: dare la vita.
Artur si sedette e cominciò a riflettere sul suo lavoro, sugli sforzi e sulle sconfitte. Cominciò anche a porsi domande etiche se fosse giusto o meno arrivare a creare una COSA così simile all’essere umano. Aveva già in partenza deciso di dare al robot una somiglianza femminile in quanto tutto era nato dalla donna. Si sentiva un po’ come il creatore, stava per dare la vita e da una costola del suo robot avrebbe creato un altro robot magari con parvenze maschili.
Prese un ago e cominciò a sondare l’efficacia dei sensori della pelle, un colpo secco e l’ago penetrò per qualche millimetro nella pelle artificiale provocando l’uscita del liquido refrigerante.
Il liquido era bianco e in poco meno di un minuto si cicatrizzò sulla puntura, tutto sembrava ormai in ordine.
Artur prese nota del colore del liquido e annotò sul suo quaderno che alla prima revisione avrebbe aggiunto dell’ossido di ferro in modo da rendere il liquido simile anche per colore al sangue umano.
Il professore sollevò la sua creatura e la distese sul lettino “della vita”, avvolse intorno ai polsi un cavo elettrico e cosi pure intorno ai piedi.
Mentre continuava nelle operazioni si soffermò sul viso del suo robot, l’aveva disegnata veramente bella. Un piccolo nasino alla francese tra due occhi verdi. Istintivamente Artur baciò quella creatura sulla bocca e constatò come la pelle sintetica fosse cosi reale.
Sua moglie non l’aveva mai baciato in quel modo.
Questo pensò.
Artur scorse in lungo tutto il corpo del suo robot e prese nota sul suo fedele quadernino che alla prima revisione avrebbe aumentato di volume il seno. Prese anche nota che avrebbe dovuto mettere chips dedicati alla crescita pilifera in certi punti del corpo in modo tale che nessuno avrebbe avuto modo di riconoscere la sua Ketty da un’altra donna.
Ketty?
Il professore si stupì di aver dato un nome a quell’essere ancora senza vita, si stupì anche di come stesse programmando la revisione estetica.
Continuò ad allacciare cavi intorno alla fronte di Ketty e quando ebbe fine si diresse verso il suo computer.

- Ci siamo Ketty sei pronta? Ora il tuo Artur ti darà la vita e starai sempre con me. In fondo c’ho ripensato sulla gloria di aver costruito un essere intelligente come te.
Non voglio che nessuno ti guardi.
Sai… la gente ha invidia, è pericolosa. Meglio se resti qui con me in questo angolo nascosto del mondo.
Io verrei a trovarti tutte le sere appena mia moglie chiude gli occhi, resterei con te fino a che il giorno non arrivi, faremo l’amore e magari potrei usare ancora la scusa di andare a pesca con gli amici per portarti al mare.
Mentre pensava tutto ciò un dubbio prese la mente di Artur :

- Le piacerò ? Sarò di suo gradimento? In fondo non sono un bel guardare. Ho una bella mente sono simpatico ma… e se non fosse sufficiente? Maledetto Clayton che ha voluto mettere un chip economico riguardo il senso estetico. Ma no… cosa vai a pensare Mr Artur, di sicuro come si sveglia la tua Ketty vorrà ringraziarti e ti sarà per sempre fedele ed innamorata.
In ultima analisi, pensò Artur, alla prima revisione cambierò quel chip economico e ne metterò uno dedicato.
Anzi ora che ci penso dovrò anche installare nei suoi neuroni artificiali il concetto del sesso.
Del sesso?
Si ma con parsimonia ormai ho una certa età .

Il professor Artur si diresse nuovamente al suo computer e con fare deciso dette l’enter al programma della VITA.
Una scarica di migliaia di volts circondarono Ketty rendendola luminescente, le sue contorsioni a stento venivano bloccate dalle cinghie avvolte ai polsi, gli occhi sembravano girare e gli spasmi
facevano sobbalzare quell’essere legato.
Per un istante ad Artur sembrò di sentire la parola: Amore aiutami, poi più nulla.
La sua Ketty non era riuscita a vivere.
La sua Ketty non era riuscita a nascere.
Artur si sedette e con aria sconsolata pensò che fosse quasi giorno.
Aprì la botola e si diresse verso casa, salì con calma le scale fino alla porta della camera da letto e silenziosamente si mise a letto.
Sua moglie non si era accorta di nulla.
Il vento all'esterno sembrava portasse le ultime parole di ketty: amore mio bellissimo aiutami.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

BELLA! E' una storia delicata, forse è la prima volta che ne scrivi una.... la vedo sempre un po' autobiografica e mi vien da sorridere.... questa mi è piaciuta.

Anonimo ha detto...

Ora che tipaccia ha dato il suo giudizio siamo tutti contenti, non aspettavamo altro.

Anonimo ha detto...

vai su questo link parla della tua ketty
http://notizie.alice.it/tecnologia/robot_umanoidi.html

Anonimo ha detto...

sto blog ha la forfora : lavalo!

Anonimo ha detto...

BUON NATALEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE

Anonimo ha detto...

Non scrivi più racconti?

Anonimo ha detto...

Navigando, ho letto questo racconto e mi e' piaciuto. Interessante, anche se il tema non e' nuovo, c'e' sempre un modo per evadere alla realta' che diventa sempre piu' deludente. Chiedo scusa se il commento e' un' intrusione alla privacy.

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu